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Genova

Progetto SIC! | UISP Genova intervista le giocatrici del Genoa Women Di Criscio e Campora

 

Nella cornice del “Gambino” di Arenzano, subito a margine dell’allenamento, il nostroPresidente Provinciale UISP Genova, Marino De Filippi, ha avuto modo di intervistare duegiocatrici del Genoa Women, Federica Di Criscio e Alice Campora, per parlare con loro del tema della discriminazione nello sport, in particolare quella di genere.

L’intervista si è svolta nell’ambito del “Progetto SIC! – Sport, Integrazione e Coesione”,
progetto che si basa sullo sport come integrazione e che affronta quindi i temi
dell’inclusione e delle difficoltà che, nel tempo e nella storia, hanno spesso evidenziato
fragilità e ostacoli nel sentirsi parte di un movimento. In questo caso specifico, il movimento
del calcio femminile.
“Penso che lo sport, sia nella dimensione maschile che in quella femminile, sia uno
strumento potente per l’inclusione – esordisce Campora - Il calcio femminile ha dovuto
affrontare molte battaglie per arrivare al livello attuale e ha la possibilità di fare la
differenza in tematiche come la discriminazione di genere e, più in generale, l’inclusione. Nel
calcio maschile, da molti anni ormai, gli stessi calciatori portano avanti battaglie contro le
discriminazioni etniche, ottenendo risultati importanti. Credo quindi che sia il calcio maschile
che quello femminile possano contribuire alla lotta contro le discriminazioni”.
“Lo sport in generale, ma soprattutto il calcio, è un mezzo potentissimo – prosegue Di
Criscio - Essendo il calcio uno degli sport più seguiti, ha il dovere di trasmettere messaggi
importanti, come quello dell’inclusione. Tuttavia, spesso si pensa all’inclusione in termini
troppo generali, mentre sono le piccole azioni a renderla concreta. Della discriminazione di
genere si parla molto, ma anche qui spesso si pensa in grande, quando basterebbe garantire
alle ragazze la possibilità di allenarsi negli stessi impianti dei calciatori maschi. Questo non
vale solo per il calcio, ma anche per altri sport considerati "minori" – definizione che non
condivido, perché ogni disciplina ha la sua importanza e richiede un enorme lavoro dietro le
quinte”.
Ma qual è lo stato dell’arte, oggi, nel mondo del calcio femminile? Garantisce
un’indipendenza economica? Che passi avanti deve ancora fare? “La condizione attuale del
calcio femminile non permette ancora a tutti i livelli di garantire un’indipendenza economica
basata esclusivamente sull’attività sportiva – aggiunge Campora - Per questo motivo, è più
comune vedere ragazze e donne che portano avanti sia la carriera sportiva che quella da
studentesse, rispetto al calcio maschile. Tuttavia, credo che lo studio e la cultura siano
strumenti che rafforzano l’attività sportiva, fornendo disciplina e rigore, e che debbano
essere sempre valorizzati”.
“Quando ho iniziato, giocavo in una squadra maschile e ho potuto avvicinarmi al calcio
femminile solo più tardi, lontano da casa – racconta Di Criscio, che ha una lunga militanza
nel mondo del calcio femminile - Ho dovuto conciliare scuola e trasferte, e questo ha inciso
sul mio percorso di crescita. Rispetto a prima, oggi sono stati fatti passi avanti: le atlete
hanno maggiori possibilità di studiare, anche grazie alla formula "atleta-studente", che
prima non esisteva. Tuttavia, bisognerebbe essere messe nelle condizioni di studiare bene,

senza dover faticare più del necessario. Lo sport è una grande scuola di vita, perché insegna
valori fondamentali. Tuttavia, anche l’istruzione è cruciale e, quando si parla di differenze di
genere, bisogna garantire alle atlete le stesse opportunità dei loro colleghi maschi. Noi lo
facciamo, ma come noi anche tanti altri atleti, in diversi sport. Nel calcio femminile, però, la
difficoltà è maggiore, perché non è ancora possibile vivere di questo a tutti i livelli. Spero che
le nuove generazioni trovino un ambiente migliore e che le bambine che vogliono avvicinarsi
al calcio lo possano fare con serenità”.
Spesso un ostacolo all’avvicinamento delle giovani calciatrici a questo sport è che tale
considerato in modo pregiudiziale viene considerato uno sport prettamente maschile. “Oggi
ci sono molte più opportunità, grazie anche alle società che investono nel calcio femminile.
Tuttavia, alcune famiglie sono ancora diffidenti, spesso per pregiudizi o per mancanza di
conoscenza diretta della realtà. La bellezza dello sport è che permette a tutti di esprimersi e
di sentirsi liberi, e il calcio femminile non fa eccezione – prosegue Campora, seguita a ruota
da Di Criscio: “Le bambine devono essere libere di sognare. Oggi possono guardare le nostre
partite, venire allo stadio, vedere dove si può arrivare. Questo prima non era possibile,
perché c’era poca informazione. Noi abbiamo la responsabilità di trasmettere messaggi
importanti, e la società deve sostenerci in questo. Negli anni sono stati fatti enormi passi
avanti. Quando ho iniziato io, il calcio femminile era quasi invisibile. Ora le società maschili
investono di più nel movimento femminile, e questo ha permesso di far crescere il settore.
Noi siamo diventate dei modelli per le bambine che ci seguono ogni domenica”.
Lo sport, come UISP ben sa, è cultura e può contribuire ad abbattere tabù e discriminazioni.
Nel calcio, però, alcune tematiche sono ancora considerate scomode. “Bisogna parlarne con
trasparenza e senza paura – ci spiega Di Criscio - Molte persone non conoscono la storia del
calcio femminile: pensano che sia nato dieci anni fa, ma in realtà esiste da molto tempo. È
importante raccontare questo percorso per far capire i progressi fatti e quelli ancora da
compiere”. “Penso che il calcio femminile abbia una mentalità più aperta rispetto a quello
maschile e possa insegnare molto in termini di inclusione e accettazione. In molti ambiti,
stereotipi e pregiudizi ancora ostacolano la carriera e la tranquillità di un’atleta” le fa eco
Campora.